Quando parliamo di lavoro interno nelle arti marziali tradizionali cinesi è doveroso fare alcune precisazioni.
Prima di addentrarci in questa rubrica ai concetti di lavoro interno, è importante comprendere che tutti gli stili cinesi, sia quelli considerati prettamente interni, sia quelli considerati prettamente esterni, hanno una comune origine che risiede nella cultura cinese.
Una cultura che offre una vastità di visioni, teorie e filosofie intrecciate tra loro, immerse in una ciclica alternanza tra:
- buddismo;
- taoismo;
- confucianesimo.
qi 氣 e qigong 氣功
Per poter parlare di pratiche interne è necessario approfondire e fare nostro il concetto di qi (氣)
Va considerato, in base ai reperti e documenti esistenti oggi, che fino al 500 d.C. il termine qi era utilizzato solo in ambito di salute o benessere e applicato dalla medicina tradizionale cinese, esistono infatti innumerevoli fonti e documenti legati alle pratiche di lunga vita e di raffinazione dei soffi.
Si è portati a pensare che il qi sia presente e scorra soltanto all’interno del corpo e questa è una visione recente e riduttiva, in realtà il qi è una manifestazione di energia universale, che esiste prima di noi, dentro di noi ed esisterà dopo di noi, possiamo quindi dire che ogni forma di energia presente nell’universo è qi; esistono infatti molti ideogrammi che possono rappresentare il termine qi , che seppure spesso venga tradotto come “respiro”, in realtà è uno solo dei possibili significati esistenti.
Il lavoro sul qi (qigong 氣功) è una pratica che ha come finalità il prolungamento della vita ed è costituito da un insieme di tecniche che permettono di imparare come gestire al meglio il corpo così da preservarne la salute; è fondamentale sapere che nel pensiero classico cinese l’universo stesso è permeato da una forza che ha dato origine a tutte le cose, il qi, appunto, questo concetto quindi esiste a prescindere dalle pratiche marziali.
L’inserimento del qigong nelle pratiche marziali
In base alle fonti oggi disponibili l’introduzione del lavoro sul qi all’interno delle scuole di arti marziali, avvenne durante la comparsa di Da-Mo 达摩 (Bodhidarma菩提达摩), intorno al 500 d.C. sotto la dinastia Liang 梁朝 ( Liángcháo; 502-557); fu in quel periodo che il termine qi iniziò ad essere utilizzato anche nelle pratiche marziali per rafforzare ulteriormente il corpo dei praticanti.
A supporto di questa nuova prospettiva, vennero introdotti e integrati nella pratica il “Trattato sul movimento dei muscoli e dei tendini” (Yi Jin Jing 易筋经) e il “Trattato sul lavaggio del midollo” (Xi Sui Jing 洗髓经 ), entrambi attribuiti proprio a Da-Mo.
Dal momento che tutte le arti marziali tradizionali cinesi hanno nella loro pratica il lavoro sul qi risulta estremamente difficile distinguere in modo netto stili interni e stili esterni, possiamo però considerare che nel corso del tempo ci sono state scuole di pratica marziale che hanno inserito metodologie di lavoro sul qi più affini alle metodiche interne (neijia 內家), mentre altre scuole hanno utilizzato metodi esterni (waijia 外家).
L’alternanza degli opposti
Nella visione cinese è centrale la teoria che è alla base del concetto di qi, ovvero che ogni fenomeno si manifesta grazie all’alternanza di “forze” antagoniste tra loro, ma allo stesso tempo complementari.
La dualità che ne nasce viene rappresentata dal simbolo del Tao, dove l’alternanza degli opposti rappresenta la ciclicità e l’interdipendenza fenomenica della manifestazione delle cose.
Nel considerare le modalità con cui viene rappresentato il carattere qi esistono infatti due elementi determinanti e sempre presenti, opposti tra loro ma uniti ciclicamente: il cielo e la terra, che rappresentano appunto i due poli, rispettivamente lo Yang (陽, cielo) e lo Yin (陰, terra).
Tutti gli avvenimenti esistenti avvengono grazie alla relazione di interdipendenza ciclica dei due poli.
Anche nella dimensione prettamente fisica le nostre azioni si compiono nel momento in cui ci si orienta rispetto a due poli di riferimento: se devo alzarmi o camminare o correre ho necessità di organizzare la mia struttura corporea affinché per prima cosa si orienti nello spazio e poi coordinandosi agisca in movimento.
L’orientamento è una condizione esistenziale necessaria affinché il nostro sistema vestibolare ci consenta di compiere un movimento in equilibrio.
Tutto ciò non è poi diverso dall’alternanza dei due poli yang ed yin nel porre in equilibrio un sistema.
La concezione taoista infatti, prevede l’armonia tra i due poli yang yin 陽陰 dai quali origina tutto ciò che è manifesto.
La pratica delle arti marziali insegna a conservare questa armonia e ricondurci alla nostra vera natura.
Sifu Andrea Brighi